È
mattina, ma non una mattina qualunque; il gallo canta e fa da sveglia
al villaggio addormentato come ogni giorno, ma questo non è un
giorno qualunque, non uno di quelli sereni in cui i bambini corrono
per strada a giocare. È estate, il sole risplende fulgido sulle case
di legno, paglia e argilla, ma il villaggio è deserto, non c'è
alcun anziano al mercato, né alcun bambino che attende dinanzi alla
casa del capo villaggio, il saggio, per imparare a scrivere e a fare
qualche conto.
L'unico
rumore che si ode per strada è quello di un lento, ma rumoroso carro
trainato da due cavalli sulle pietre a vista della strada. Le due
grandi bestie dal manto nero faticano ad avanzare sotto il sole
cocente.
Il
carro si ferma dinanzi ad una casa dalle tegole del tetto mezze
scostate e rattoppate da un velo di argilla, che si trova in una
piccola stradina, ma dalla casa si può godere di una vista
meravigliosa. Uno squarcio di mare placido, con gli uccelli che lo
sorvolano con le loro possenti ali, spinti dalla brezza mattutina.
Proprio
dinanzi a questo angolo di paradiso si trova la camera di Giselle,
una ragazzetta di quattordici anni di età, ancora mezza addormentata
fra le coltri morbide del letto. Le sue palpebre si aprono e si
chiudono per abituare gli occhi celesti alla luce dei raggi del sole
che passano attraverso la finestra. Le tende sono scostate in modo
che, di sera, Giselle possa ammirare le stelle prima di
addormentarsi, ma sua madre ogni notte va a chiuderle per evitare che
la ragazzina venga svegliata dai primi raggi.
“Perché
mamma non è venuta a chiudere le tende? Mamma viene sempre a
chiuderle” Pensa lei un po' confusa, poi come se un fuoco
rischiarasse la sua mente, arriva presto alla conclusione: questo non
è un giorno qualunque, questo è il giorno del viaggio, e sua madre
ha lasciato le tende scostate così che lei possa svegliarsi da sola
ai primi raggi di sole, perché il canto del gallo non è mai
sufficiente a farle aprire gli occhi.
Giselle
si stiracchia e mette i piedi piccolini sul pavimento freddo che la
fa rabbrividire, poi scalza va alla finestra e la apre. La brezza
mattutina le scompiglia i capelli scuri e pieni di nodi. Lei chiude
gli occhi e immagina di essere uno di quei grandi uccelli che
sorvolano il mare, ma quando li riapre la vista di ciò che si trova
fuori dalla sua porta la fa tornare alla realtà e le prende un tuffo
al cuore.
Il
carro del capo villaggio è venuto a prenderla e sta attendendo che
scenda da una manciata di minuti, ma Giselle è in ritardo. Allora si
veste di fretta, indossando una tunica con le maniche tagliate così
da non soffrire troppo il caldo e corre a fare colazione. In realtà,
Giselle salterebbe volentieri il pasto, ma sua madre vuole mangiare
con lei questo, forse ultimo, pasto insieme.
Ad
un tratto la ragazzina vede sua madre asciugarsi gli occhi con un
fazzoletto di stoffa. -Stai piangendo- la donna tira su col naso come
una bambina. -Tornerò, ne sono certa! Non farò in modo che ci
separino. Prima mio padre, poi mio fratello, non farò in modo che ti
portino via anche me!- Urla la ragazzina levandosi in piedi e
lasciando cadere la sedia di legno all'indietro. Sua madre è quasi
spaventata da questo improvviso attacco d'ira. Nonostante questo
Giselle è forte e non piange, ma il suo cuore non pare coraggioso,
ma pieno di rabbia.
Suo
padre è morto in battaglia e suo fratello è diventato un esiliato.
Gli
esiliati sono coloro che non riescono a sopravvivere al viaggio, che
si arrendono senza poter tornare al villaggio, morendo di stenti o
divorati da qualche bestia feroce nel bosco. Nessuno sa che fine
abbia fatto suo fratello, nessuno ne ha mai avuto notizie dal giorno
della sua partenza, ma la cosa sicura è che non è mai riuscito a
tornare e a portare un pezzo di Lorix a casa.
Le
Lorix sono rare pietre curative. In natura se ne trova circa una ogni
duemila chilometri di cammino e, avendone l'occasione, se ne potrebbe
chiedere una alle tribù del bosco, ma queste raramente ne possiedono
e se le hanno, altrettanto raramente le donano; il mondo è in guerra
e un villaggio più ne ha, più guerrieri può curare. Suo padre se
n'è andato l'anno in cui suo fratello ha dovuto intraprendere il
viaggio ed è morto prima che suo figlio potesse portare al villaggio una pietra.
Le altre che sono state trovate quell'anno sono state utilizzate per
la gente ricca del villaggio, che a Syverin ha sempre la precedenza
in ogni cosa.
La
madre di Giselle coltiva un piccolo orticello e rivende i suoi
prodotti al mercato, ma non tutti i giorni porta a casa qualche
spicciolo, la terra è arida e sono poche le verdure che vi nascono.
Oggi però le strade sono deserte poiché è tradizione che nessuno
esca di casa il giorno del viaggio, eccetto i giovani che devono
intraprenderlo. Questo è un po' un modo per salutarli, con il
silenzio, senza inutili parole, ma la madre di Giselle non si perita
a salutarla, dandole un sonoro bacio sulla fronte. -Coraggio bambina
mia, sii forte- le dice e sorride, o almeno ci prova.
Prima
che Giselle esca di casa, la donna le pettina con le dita i lunghi
capelli neri. Alla ragazzina piace la sensazione delle dita che
passano attraverso le ciocche dei suoi capelli, finalmente ordinati e
lisci, ma la malinconia la assale al pensiero che quello è forse
l'ultimo gesto d'amore da parte di sua madre e dai suoi occhi scende
silenziosa una lacrima. Giselle è in ritardo, ma per lei il carro
può aspettare ancora un po'; infondo ritardare le permette di
sperare che il carro se ne vada, anche se, in realtà, non se ne
andrà neanche se dovesse aspettare milioni di anni.
Giselle
afferra il sacco dove ha messo il necessario per la sua
sopravvivenza, poi apre la porta senza voltarsi né guardare sua
madre che nel frattempo ha ripreso tra le mani il suo fazzoletto di
stoffa. Si lascia chiudere la porta alle spalle e sale sul carro,
ignara di dove verrà fatta scendere per iniziare il viaggio.