sabato 16 aprile 2016

#1 - L'addio


È mattina, ma non una mattina qualunque; il gallo canta e fa da sveglia al villaggio addormentato come ogni giorno, ma questo non è un giorno qualunque, non uno di quelli sereni in cui i bambini corrono per strada a giocare. È estate, il sole risplende fulgido sulle case di legno, paglia e argilla, ma il villaggio è deserto, non c'è alcun anziano al mercato, né alcun bambino che attende dinanzi alla casa del capo villaggio, il saggio, per imparare a scrivere e a fare qualche conto.

L'unico rumore che si ode per strada è quello di un lento, ma rumoroso carro trainato da due cavalli sulle pietre a vista della strada. Le due grandi bestie dal manto nero faticano ad avanzare sotto il sole cocente.

Il carro si ferma dinanzi ad una casa dalle tegole del tetto mezze scostate e rattoppate da un velo di argilla, che si trova in una piccola stradina, ma dalla casa si può godere di una vista meravigliosa. Uno squarcio di mare placido, con gli uccelli che lo sorvolano con le loro possenti ali, spinti dalla brezza mattutina.

Proprio dinanzi a questo angolo di paradiso si trova la camera di Giselle, una ragazzetta di quattordici anni di età, ancora mezza addormentata fra le coltri morbide del letto. Le sue palpebre si aprono e si chiudono per abituare gli occhi celesti alla luce dei raggi del sole che passano attraverso la finestra. Le tende sono scostate in modo che, di sera, Giselle possa ammirare le stelle prima di addormentarsi, ma sua madre ogni notte va a chiuderle per evitare che la ragazzina venga svegliata dai primi raggi.

“Perché mamma non è venuta a chiudere le tende? Mamma viene sempre a chiuderle” Pensa lei un po' confusa, poi come se un fuoco rischiarasse la sua mente, arriva presto alla conclusione: questo non è un giorno qualunque, questo è il giorno del viaggio, e sua madre ha lasciato le tende scostate così che lei possa svegliarsi da sola ai primi raggi di sole, perché il canto del gallo non è mai sufficiente a farle aprire gli occhi.

Giselle si stiracchia e mette i piedi piccolini sul pavimento freddo che la fa rabbrividire, poi scalza va alla finestra e la apre. La brezza mattutina le scompiglia i capelli scuri e pieni di nodi. Lei chiude gli occhi e immagina di essere uno di quei grandi uccelli che sorvolano il mare, ma quando li riapre la vista di ciò che si trova fuori dalla sua porta la fa tornare alla realtà e le prende un tuffo al cuore.
Il carro del capo villaggio è venuto a prenderla e sta attendendo che scenda da una manciata di minuti, ma Giselle è in ritardo. Allora si veste di fretta, indossando una tunica con le maniche tagliate così da non soffrire troppo il caldo e corre a fare colazione. In realtà, Giselle salterebbe volentieri il pasto, ma sua madre vuole mangiare con lei questo, forse ultimo, pasto insieme.

Ad un tratto la ragazzina vede sua madre asciugarsi gli occhi con un fazzoletto di stoffa. -Stai piangendo- la donna tira su col naso come una bambina. -Tornerò, ne sono certa! Non farò in modo che ci separino. Prima mio padre, poi mio fratello, non farò in modo che ti portino via anche me!- Urla la ragazzina levandosi in piedi e lasciando cadere la sedia di legno all'indietro. Sua madre è quasi spaventata da questo improvviso attacco d'ira. Nonostante questo Giselle è forte e non piange, ma il suo cuore non pare coraggioso, ma pieno di rabbia.

Suo padre è morto in battaglia e suo fratello è diventato un esiliato.

Gli esiliati sono coloro che non riescono a sopravvivere al viaggio, che si arrendono senza poter tornare al villaggio, morendo di stenti o divorati da qualche bestia feroce nel bosco. Nessuno sa che fine abbia fatto suo fratello, nessuno ne ha mai avuto notizie dal giorno della sua partenza, ma la cosa sicura è che non è mai riuscito a tornare e a portare un pezzo di Lorix a casa.

Le Lorix sono rare pietre curative. In natura se ne trova circa una ogni duemila chilometri di cammino e, avendone l'occasione, se ne potrebbe chiedere una alle tribù del bosco, ma queste raramente ne possiedono e se le hanno, altrettanto raramente le donano; il mondo è in guerra e un villaggio più ne ha, più guerrieri può curare. Suo padre se n'è andato l'anno in cui suo fratello ha dovuto intraprendere il viaggio ed è morto prima che suo figlio potesse portare al villaggio una pietra. Le altre che sono state trovate quell'anno sono state utilizzate per la gente ricca del villaggio, che a Syverin ha sempre la precedenza in ogni cosa.

La madre di Giselle coltiva un piccolo orticello e rivende i suoi prodotti al mercato, ma non tutti i giorni porta a casa qualche spicciolo, la terra è arida e sono poche le verdure che vi nascono. Oggi però le strade sono deserte poiché è tradizione che nessuno esca di casa il giorno del viaggio, eccetto i giovani che devono intraprenderlo. Questo è un po' un modo per salutarli, con il silenzio, senza inutili parole, ma la madre di Giselle non si perita a salutarla, dandole un sonoro bacio sulla fronte. -Coraggio bambina mia, sii forte- le dice e sorride, o almeno ci prova.

Prima che Giselle esca di casa, la donna le pettina con le dita i lunghi capelli neri. Alla ragazzina piace la sensazione delle dita che passano attraverso le ciocche dei suoi capelli, finalmente ordinati e lisci, ma la malinconia la assale al pensiero che quello è forse l'ultimo gesto d'amore da parte di sua madre e dai suoi occhi scende silenziosa una lacrima. Giselle è in ritardo, ma per lei il carro può aspettare ancora un po'; infondo ritardare le permette di sperare che il carro se ne vada, anche se, in realtà, non se ne andrà neanche se dovesse aspettare milioni di anni.

Giselle afferra il sacco dove ha messo il necessario per la sua sopravvivenza, poi apre la porta senza voltarsi né guardare sua madre che nel frattempo ha ripreso tra le mani il suo fazzoletto di stoffa. Si lascia chiudere la porta alle spalle e sale sul carro, ignara di dove verrà fatta scendere per iniziare il viaggio.